Primavera 1997. Una cabina telefonica del campus di UCD. La memoria mi restituisce una telefonata con Enza, la mamma di Matteo.
Amico di scorribande pomeridiane sul piano pilotis del condomino, di campi scout. Ancora sorrido del nomignolo di “nazareni” che il vecchio parroco ci diede per i nostri capelli lunghi e la barba poco curata. Matteo è uno di quegli amici di cui conosci vita-morte-e-miracoli, che puoi non sentire per anni, ma che ritrovi sempre come se il tempo non sia mai passato.
La Musica è sempre stata presente nella sua vita. Non posso dimenticare l’apprendistato sentimentale che papà “Omar” gli ha regalato esponendolo al Jazz più raffinato fin da piccolo. Ricordo la cena del suo diciottesimo compleanno mentre scarta e fa i primi accordi sulla sua prima chitarra elettrica. In quel periodo la sua camera era in qualche modo austera: arredo essenziale, un amplificatore e la chitarra. E lui che si esercitava in bagno perché l’acustica era migliore.
Ricordo quella telefonata. Ricordo la preoccupazione di Enza per il futuro del figlio. Per la scelta scomoda e inconsueta che di lì a poco Matteo avrebbe fatto. Non ricordo le sue parole, ma ricordo quello che raccontavano. Perché lasciare la strada certa di una laurea in ingegneria in cui stava procedendo regolarmente? Non poteva portare avanti entrambe le cose? Matteo aveva compreso che il suo cammino non era quello. Lasciando l’università ha abbracciato la Sua Via. Più difficile, più tortuosa. Sua.
Mi torna alla mente un episodio che mi fa sempre sorridere. Ero in coda ad un incrocio. Non ci si muoveva di un millimetro. Ricordo di aver stramaledetto i vigili della municipale presenti. E ricordo distintamente la mia risata dopo aver riconosciuto Matteo con i suoi inconfondibili capelli lunghi sotto il cappello della divisa. A tanti anni di distanza, comprendo chiaramente quel part-time: gli permetteva di concentrarsi sulla Sua Musica, di farla crescere Libera, di camminare indipendente per la Sua Strada; di maturare una scelta netta e chiara.
Da quel giorno sono passati più di vent’anni. E mentre scrivo, ascolto il suo primo cd che ha voluto fortemente. Ascoltando questa Musica, mi riguardo indietro e mi scopro testimone di questa traiettoria verso il cielo. Ammiro Matteo per la sua scelta azzardata, per averci creduto fino in fondo, per tutte le tempeste attraversate e le colonne d’Ercole superate. Per questo esercizio di determinazione, passione e fatica che lo ha portato fin qui.
E il mio pensiero torna a Enza. E cerco di immaginare i pensieri e i sentimenti mentre guarda questo figlio che sorridente continua ad aprirsi la Sua Strada. I suoi occhi sorridono liquidi.