Saudade. Parola complessa, difficilmente traducibile se non con una parafrasi. Un tentativo potrebbe essere “malinconia per un passato felice con la speranza che possa tornare”. Questo stato d’animo emerge ogni volta che risalendo Corso Trieste mi avvicino all’incrocio di via Topino. La memoria torna al periodo in cui, lasciata la Scuola Romana di Fotografia, producevo foto di artigiani per l’agenzia Sie/Masterfile. Quella strada mi ricorda il signor Giuseppe, uno degli ultimi veri sarti nell’ultimo periodo della sua carriera.
Non ricordo come lo conobbi, se fu grazie alla mia amica restauratrice Cecilia, a un suo contatto, o semplicemente passando davanti alla vetrina del negozio. Ricordo solo che ci andai a parlare e, con fare divertito e disponibile, accettò la mia proposta di fotografare il suo lavoro. Uomo distinto, vestito in maniera impeccabile, cravatta e gilet. Calabrese di nascita, emigrato a Roma da tantissimi anni. Iniziò a frequentare un laboratorio come apprendista poco più che adolescente. Con un rapido calcolo mi disse che erano più o meno cinquant’anni di attività. Ero in compagnia di un Maestro, di un Architetto di filo e stoffa.
Le giornate con il signor Giuseppe hanno per me un qualcosa di mitologico. Osservandolo sono riuscito a capire meglio momenti, movimenti e piccoli accorgimenti del suo lavoro. E proprio in questa occasione ho realizzato come sia importante, non solo sapere di tecnica e attrezzatura, ma conoscere ciò che si fotografa perché aiuta a raccontare con naturalezza e onestà, senza foto mordi e fuggi.
Parallelo a questo “apprendistato” cresceva una conoscenza reciproca. Mi tornano alla memoria le chiacchierate e i suoi commenti critici sulla società. La sua nota malinconica per non avere un apprendista a cui lasciare il testimone. Ricordo ancora distintamente l’episodio di un vecchio cliente che aveva riportato un completo da far allargare dopo tredici anni. Erano occupati in una chiacchierata animata, ma l’uomo si zittì cauto quando entrai. Subito intervenne il signor Giuseppe dicendo che ero persona fidata e che si poteva parlare liberamente. Queste parole furono un’epifania: si era creato un rapporto di fiducia e rispetto senza che me ne accorgessi.
Questa esperienza me la porto ancora nello zaino insieme all’attrezzatura. Mi ha aiutato a capire che bisogna conoscere per avvicinarsi e raccontare meglio. Con le coppie di sposi, ad esempio, con cui cerco di instaurare un rapporto di fiducia e di empatia. E anche durante i corsi la lezione del signor Giuseppe risuona quando parlo dell’importanza del momento e di non avere fretta di scattare e darsi tempo.
Anche se non mi potrà leggere, voglio ricordarlo e ringraziarlo per la sua disponibilità e umanità, per ciò che mi ha insegnato inconsapevolmente e che mi ha reso un professionista migliore. E mi piace pensare che, anche se per poco tempo, abbia potuto esaudire il suo desiderio di avere un apprendista sarto.
All rights reserved – 2017 © Mattia Gallo – www.mattiagallo.com – tutte le foto sono digitalizzazione di pellicola Kodak tri-x
Arrivederci a presto on-line!